Perché la Befana è donna

Perché la Befana è donna

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Perché la befana è donna?
Una bella domanda direte voi, ma una spiegazione c’è. Se si consulta il vocabolario Garzanti non troveremo il perché, ma il significato e il genere del nome, e cioè:

“n.f. con i seguenti significati 1-personaggio fantastico raffigurato come una vecchia brutta ma benefica che porta i doni ai bambini la notte dell’Epifania”.

Ancora:

“2-donna brutta e vecchia o anche antipatica e insopportabile”.

Sinonimo: “strega, racchia”. Potete notare come il linguaggio, per estensione assuma una connotazione negativa e un po’ sessista, vedi l’ultimo caso.
Le parole che usiamo sono importanti per il messaggio che inviano e possono diventare antipatiche frecciate, per non dire offese. A parte questo, l’origine del misterioso personaggio si perde nella lontananza dei tempi, quando gli antichi Romani praticavano riti propiziatori legati ai cicli stagionali e all’agricoltura. Credevano che strane figure femminili, guidate da Diana, dea della caccia e della fertilità, volassero sui campi coltivati, durante quei dodici giorni dopo Natale, per assicurare un fruttuoso raccolto. Si tratta di giorni particolari, che cadono a cavallo del solstizio d’inverno, cioè quando l’anno vecchio muore e nasce quello nuovo, inteso come rinascita della natura, e allora le giornate si fanno più lunghe e i raggi del sole più vivaci.

L’imperatore Aureliano aveva proclamato il 25 dicembre “festa del sole” e per dodici giorni, cioè fino alla notte del 6 gennaio, un tronco di quercia doveva bruciare senza mai spegnersi. Dal carbone prodotto, ossia quello che porta anche la Befana, si sarebbero tratti auspici sulla prosperità o meno dell’anno successivo.

E la scopa di cui si serve la vecchietta? Le serve per volare e portare i doni ai bambini, perciò il volo ricorda quello delle dee guidate da Diana.
Un’altra ipotesi collega ancora la befana ad un’antica festa romana che si svolgeva all’inizio del nuovo anno in onore al dio Giano (da cui deriva gennaio) e alla dea Strenia, durante la quale venivano scambiati i regali. Da Strenia ne è derivato strenna, cioè dono.
A partire dal IV secolo, la Chiesa condannò credenze e riti pagani associandoli a influenze sataniche, fino a concepire la Befana come una strega. L’antica figura pagana femminile sarà accettata gradualmente come una sorta di dualismo tra il bene e il male e la Chiesa Cattolica assorbirà la simbologia pagana del dodicesimo giorno in cui celebrare l’Epifania. Epifania per la nostra religione significa “manifestazione” pubblica della natura divina di Gesù, in questo caso rivelata ai Re Magi, che andarono a Betlemme per portargli oro, incenso e mirra. Secondo un’antica leggenda di origine cristiana, i Re Magi, non conoscendo la strada per recarsi in visita da Gesù Bambino, chiesero informazione a una vecchietta che però si rifiutò di condurli a destinazione. Allora, pentitasi del suo comportamento, prese un cestino colmo di dolci e partì, ma non riuscì a trovare i Re Magi. A quel punto, distribuì i dolcetti a ogni bambino che incontrava. Ecco perché la befana porta i dolci ai bambini.

Nel Cinquecento le befane sono figure stregonesche che spaventano i bambini; poi si riducono a due: una buona e una cattiva. Molto più tardi, verso la fine dell’Ottocento, con la rivalutazione dell’infanzia e una rinnovata politica pedagogica, la Befana diventa la buona vecchina, rendendo giustizia almeno in parte alle donne, spesso viste come brutte e bisbetiche streghe.

Oggi giorno la Befana è diventata così gentile e buona che porta solo dolci ai bambini la notte dell’Epifania. Se poi ci fosse anche del carbone è quello di pasticceria, che può essere gustato, come cioccolatini e torroncini.
Di calze ne troverete a volontà nei supermercati e fornerie già preparate: non si usano più vecchie calze delle nonne o di nailon delle mamme.
La tradizione cambia con il passare dei tempi, ovvio.