Ritratti di donne

Ritratti di donne

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Tante sono le donne che si sono distinte nella società e hanno apportato il loro contributo importante nella cultura, nella scienza e nella politica. Messe in ombra e relegate tra le pareti domestiche, sono sempre state considerate inferiori e meno intelligenti degli uomini. Anche i manuali scolastici parlano poco delle donne e sono assenti riferimenti a modelli femminili a cui rapportarsi. Esiste solo il punto di vista maschile sulle cose del mondo e pertanto è doveroso conoscere donne del passato che hanno con coraggio e impegno affermato le loro idee contravvenendo a pregiudizi maschilisti. Il mio libro “Una mimosa per dire… donna” vuole evidenziare il lungo e faticoso percorso da esse compiuto attraverso i secoli, e non ancora terminato, per la loro emancipazione. Il nostro sistema sociale presenta discrepanze e ingiustizie di genere che non tengono conto dei meriti e capacità delle donne, molto spesso escluse dagli incarichi più rilevanti.

TERESA MATTEI
Inizio a delineare alcuni ritratti di donne partendo da Teresa Mattei, la più giovane componente dell’Assemblea Costituente e la più giovane madre della nostra Costituzione. Nata a Genova nel 1921, poi partigiana a Firenze, con il nome di “Chicchi”, a lei si deve la mimosa come simbolo dell’8 marzo. Le donne socialiste optavano per le violette o le orchidee, non pensando che in quel mese le campagne profumano di mimosa. Riuscì a convincere pure Luigi Longo con il suo eloquio vivace e suadente, raccontando una vecchia leggenda cinese secondo cui la “mimosa rappresenta l’unità della famiglia e la sensibilità della parte femminile del mondo. Si tratta di un fiore collettivo con tutti quei fiorellini messi insieme”. A lei dobbiamo l’articolo 3 della Costituzione sull’uguaglianza e in particolare l’espressione “di fatto”, che significa uguaglianza sostanziale come ha rimarcato il Presidente Mattarella in occasione dell’8 marzo 2016. Lottò perché le donne potessero accedere alla magistratura, rispondendo con un motto di spirito ad un anziano deputato liberale, secondo il quale in certi giorni del mese le donne non ragionano. Quando venne espulsa dal Pci, scelse di difendere i diritti dei bambini e delle donne dedicandosi al cinema, al teatro e a progetti per l’infanzia in collaborazione con i comuni della provincia di Pisa. È scomparsa nel 2013 a Lari (PI).

CRISTINA DE PIZAN
Cristina De Pizan, di origine italiana, visse a cavallo tra il 1300 e il 1400 alla corte del re Carlo V di Francia. Affrontò questioni legate alla donna e alla sua educazione, il solo elemento che può liberarla dall’egemonia maschile. Riconosciuta come prima donna scrittrice di professione in Europa ed esponente del protofemminismo, nel suo libro “La città delle dame” affronta la presunta inferiorità e mancanza di virtù dell’essere femminile. Le tre dame rappresentano la Ragione, la Rettitudine e la Giustizia, virtù che solo gli uomini possedevano in quanto ritenuti superiori. Le tre dame invitano Cristina a dubitare di quello che affermavano i filosofi sulla donna poiché le loro idee risultavano false e pertanto più che filosofia si trattava di “filofollia”. L’intento di Cristina era quello di affermare l’uguaglianza tra uomo e donna, entrambe creature di Dio.

ARTEMISIA GENTILESCHI
Artemisia Gentileschi era la figlia del pittore Orazio Gentileschi di Pisa. Nacque a Roma nel 1593, luogo in quel momento storico particolarmente vivace dal punto di vista artistico. Orazio introdusse la figlia all’esercizio della pittura, all’epoca considerata una pratica esclusivamente maschile. Una tragica vicenda segnò la vita di Artemisia e di conseguenza influenzò la sua arte, cioè lo stupro subito da Agostino Tassi, suo maestro di prospettiva e amico del padre. L’indubbia bravura di Artemisia traspare nei suoi quadri, dove trasmette la profonda inquietudine alle diverse eroine bibliche. Per secoli la pittrice è stata ignorata, solo nel 1916 le fu resa giustizia dall’articolo di Roberto Longhi e la critica iniziò a rivalutarla come artista di talento al pari dei colleghi uomini. Le sue opere più note sono: “Susanna e i vecchioni” del 1610, “Giuditta decapita Oliferne”, dipinto subito dopo il processo in cui accusava Agostino Tassi, del 1613 al Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli; alla Galleria Palatina a Firenze si trovano “Giuditta con la sua ancella” e “La Conversione della Maddalena”.

FRANCA VIOLA
Franca Viola con un grande atto di coraggio sfidò le convenzioni. Nel 1965 venne violentata, ma rifiutò di sposare il suo violentatore, facendo cosi decadere il matrimonio riparatore, previsto dal Codice Rocco, con il quale veniva estinta la pena. Occorreranno ben sedici anni per l’abrogazione del matrimonio riparatore. Solo nel 1996 il Parlamento stabilisce che lo stupro è reato contro la persona e non contro la morale. L’8 marzo 2014, Franca Viola è stata insignita dell’onorificenza di grande Ufficiale al merito della Repubblica italiana per il coraggioso gesto che ha segnato una tappa fondamentale nella storia dell’emancipazione delle donne italiane.

RITA LEVI MONTALCINI
Rita Levi Montalcini è nata a Torino nel 1909. All’età di vent’anni si iscrisse alla Facoltà di Medicina e Chirurgia anche se il padre era contrario perché la riteneva una carriera non adatta a una donna. Si laureò con il massimo dei voti nel 1936, ma dovette abbandonare la specializzazione in neurologia a causa delle leggi razziali. Iniziò le sue ricerche sul sistema nervoso in un laboratorio di fortuna allestito nella casa dove la sua famiglia si era rifugiata per sfuggire ai bombardamenti. Vissuta per trent’anni negli USA, la Montalcini si è dedicata alla ricerca che l’ha condotta alla scoperta della proteina NGF, che regola lo sviluppo e la differenziazione delle cellule nervose che le fece meritare il premio Nobel per la medicina nel 1986. Nel 2001 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la nominò senatrice a vita per meriti scientifici. Ci ha lasciato un messaggio improntato all’amore per la scienza, aperto al futuro che sprona i giovani a perseverare e a non arrendersi alle difficoltà. La donna, afferma la scienziata, ha un ruolo importante nel miglioramento della qualità della vita e ormai è venuto il tempo di valorizzare quel patrimonio umano inespresso e dimenticato. Questa grande donna si è spenta il 30 dicembre 2012, all’età di 103 anni.

MARGHERITA HACK
Margherita Hack è nata a Firenze nel 1922. Studiò al liceo classico Galileo e nel 1938 si oppose all’espulsione da scuola della sua insegnante di scienze Enrica Calabresi perché ebrea e pertanto fu sospesa con il sette in condotta. In gioventù ha praticato con successo l’atletica leggera. Si laureò in fisica nel 1945 con una tesi di astrofisica sulle stelle Cefeidi, realizzata all’osservatorio di Arcetri. Dal 1964 al 1992 è stata la prima donna a dirigere l’Osservatorio Astronomico di Trieste. È stata membro di gruppi di lavoro della NASA. Nel 1995 ha ricevuto il Premio Internazionale Cortina Ulisse per la divulgazione scientifica. Nella sua breve autobiografia afferma che “la scienza sia una grande maestra. Insegna la pazienza, la tenacia, il sacrificio…La ricerca è guidata dalla curiosità di scoprire le leggi dell’universo, è condivisione dei risultati raggiunti con gli altri”. La scienziata è deceduta nel giugno 2013 a Trieste.

DACIA MARAINI
Dacia Maraini è nata a Firenze nel 1936, scrittrice delle donne e delle realtà difficili, ha dedicato molti romanzi e racconti a figure femminili, come Marianna Ucria, Santa Chiara di Assisi, la cortigiana del Cinquecento Veronica Franco, sempre sfidando pregiudizi, raccontando ingiustizie e sofferenze che donne e bambini subivano. Del femminismo è convinta che sia stato una grande rivoluzione pacifica, anche se ancora oggi le donne sono vittime di uomini che scambiano l’amore con il possesso. Con la raccolta di racconti “Buio” (1999) si è aggiudicata il premio Strega.

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