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San Bartolomeo è festa cara nel contado vinciano (o vinciarese), anche se molto dimenticata, probabilmente perché viene a cadere nel mese di agosto, dalla gente del posto un mese ormai dedicato alle ferie fuori zona. A San Bartolomeo sono intitolate tuttavia le chiese e parrocchie di Sovigliana e di Streda di Vinci. Sulla seconda, San Bartolomeo di Stradona, poi di Streda, ci vorremmo soffermare.
Se i documenti storici fanno risalire le prime notizie della chiesa al XIII secolo, coeva al Castello di Vinci, come del resto la vicina San Pantaleone, il toponimo indica l’esistenza di una strada, probabilmente antichissima, forse addirittura romana che attraversava il piccolo borgo. Altri toponimi limitrofi confermano l’esistenza di questa importante arteria stradale, ben prima dell’anno Mille, della quale tuttavia sembrano essere perdute le tracce. Streda si trovava quindi in un luogo nevralgico per i commerci ed il passaggio delle persone (forse anche di pellegrini) che da Pistoia e dal Montalbano si dirigevano verso San Miniato e la Valdelsa. Non è un caso che San Bartolomeo sia veneratissimo anche a Pistoia: un santo caro anche alla tradizione bizantina.
Il culto locale dei Santi Bartolomeo e Pantaleone, ab antiquo in comune di Vinci seppure in ambito ecclesiastico sotto la Diocesi di Lucca, prima, e di San Miniato, poi, consente di individuare per il territorio e popoli di riferimento origini antichissime rispetto all’intero territorio comunale, con dei punti di contatto ed analogia con l’altro versante pistoiese del Montalbano. Lo stato della chiesa di San Bartolomeo in Streda è oggi in gran parte recuperato, grazie a un restauro voluto e sostenuto dalla popolazione, dopo un periodo di lunga precarietà, pur essendo stata nel passato una chiesa ricca di patronati. Alcuni “da Vinci” addirittura hanno vissuto in questo popolo. Nuove strade che collegano Vinci a Cerreto Guidi sono sorte più distanti, lasciando San Bartolomeo a Streda, in vetta alla sua collina in aristocratica, quanto decadente, solitudine. Dell’antica stradona non sembra esserci traccia.
Quanti Bartolomei ci sono a Vinci?
Non è una domanda retorica. La storia locale individua in Bartolomeo un nome importante per le storie cittadine. Il ricordo torna quindi a quel Bartolomeo di Domenico Santini che con il suo lascito testamentario nel 1615 consentì di abbellire la costruzione del primo oratorio, detto dell’Assunta, a Vinci. Forse indusse anche l’arrivo della famosa effigie dell’Annunziata che alla fine ne cambiò l’intitolazione. Con i suoi lasciti testamentari, in ogni caso, la chiesina – oggi della SS. Annunziata – ebbe finalmente il suo primo Cappellano, Leone Micheletti, ovvero il parroco di San Bartolomeo a Streda ( a cui il Santini aveva lasciato alcune sostanze) , che ogni mercoledì da Streda si recava a Vinci e chiamava al suono di una “campanina” la popolazione ai santi uffizi (cfr. A. Mazzanti, “Il piccolo Santuario della Madonna in Vinci Fiorentino”, 1924). L’usanza del parroco di San Bartolomeo a Streda di celebrare nel Santuario di Vinci è durata fino al XX° secolo, ovvero fino all’ultimo parroco titolare.
San Bartolomeo a Pistoia, la festa dei bambini
San Bartolomeo è una sorta di secondo patrono della città di Pistoia , venerato come protettore dei bambini. Nel giorno a Lui dedicato, la piazza e le vie adiacenti alla chiesa di San Bartolomeo in Pantano, ospitano decine di bancarelle di dolciumi e di giocattoli per la gioia dei più piccoli. I dolciumi tradizionalmente legati alla festa sono le corone, che consistono in palline (pippi) fatte di un impasto dolce, quello del berlingozzo (dolce tipico di Lamporecchio e del Montalbano), tenute insieme da uno spago e tutt’oggi indossate dai bambini nella giornata della festa. In questa occasione, i sacerdoti impartiscono la cosiddetta benedizione di San Bartolomeo che promette di proteggere il bambino per tutto l’anno a seguire, rinnovando l’invito per l’anno successivo. In verità, anche i grandi non disdegnano tale benedizione. Il legame tra Pistoia e il Santo lo si ritrova nell’espressione del detto popolare “San Bartolomeo Sbucciato” con cui si suole indicare un pargolo un po’ troppo vivace (San Bartolomeo Martire si dice fosse stato scuoiato vivo) o nell’invocazione a San Bartolomeo che talvolta scappa – nostro malgrado, secondo l’uso toscano – quando ci si trova di fronte a qualche monello.
La tradizione della benedizione è antichissima. Si fa risalire al periodo in cui furono presenti in San Bartolomeo i Canonici Lateranensi (1443), che provenivano da Santa Maria in Fregionaia in Lucca. Ad essi però si deve l’usanza di ungere i bambini nel giorno di San Bartolomeo. Della Congregazione aveva fatto parte Sant’Ubaldo (protettore dei bambini) Vescovo di Gubbio, raffigurato in un affresco posto nel chiostro dell’abbazia.
San Bartolomeo secondo i detti contadini
Sempre in relazione a quel Bartolomeo sbucciato, proprio perché il Santo si dice fosse stato scorticato vivo in Armenia, proviene il detto toscano per cui la forma del cacio si vuota e il pane si scortica lasciando le midolla, ovvero cacio, pane; pane San Bartolomeo !
Nell’uso contadino si suole dire che se vi è Il grano a San Pietro, le patate a San Bartolomeo. L’estate sta finendo, per cui a A San Bartolomio la rondine va con Dio. Ai fini delle previsioni meteorologiche però si segnala il detto che Come fa il dì di San Bartolomeo, così fan tre parti dell’autunno. Se confermato, visti i quaranta gradi della temperatura di questi giorni e se confermati nel prossimo dì di San Bartolomeo si prevedono molto caldi anche i mesi di settembre e di ottobre. Quest’anno quindi la vendemmia verrà anticipata di qualche settimana. Nell’uso vernacolare, seppure per alcuni considerato volgare, sopravvive ancora l’espressione, quasi invocazione, a quel San Bartolomeo patrono dei bimbi proprio quando magari ci si trova a che fare con qualche pargolo vivace: “Oh… per San Bartolomeo o icché tu fai?!
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