Il Teatro di Vinci o «della Misericordia» nel Novecento vinciano

La storia del nostro teatro, chiuso al pubblico da un anno, anche per ricordare come e quanto ci manca. #facciamolucesulteatro

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I teatri e le sale da concerto sono chiuse ormai da mesi per la concorrente pandemia, che si spera quanto prima possa essere debellata. Abbiamo però bisogno dei teatri, dei cinema, delle sale da concerto, non ci basta più lo spettacolo on line; abbiamo bisogno di vivere il contatto, la presa diretta, l’immersione nell’espressione artistica.
Lo scorso 22 febbraio 2021 i teatri italiani hanno riacceso le loro luci per una sera soltanto. Si voleva ricordare a tutti che quando sarà finita l’emergenza sanitaria ci dovremo occupare immediatamente anche di quest’arte antica quanto l’uomo, specchio e rappresentazione della società che viviamo.
La nostra Associazione non può andare ad accendere le luci ma comunque si sente vicina a chi vive e opera nel settore artistico e teatrale, in modo professionale e anche amatoriale, a quel pubblico virtuale di un teatro che non c’è.
Per questo motivo si ripropone un articolo di qualche anno fa in cui si ricorda la storia recente del Teatro di Vinci o della Misericordia, anche perché, se vogliamo tornare a viverlo veramente e intensamente bisogna conoscere quando, da chi e perché è stato costruito: per guardare al futuro bisogna avere anche piena conoscenza e consapevolezza del nostro passato, non bisogna sbagliare.
Il Teatro di Vinci è stato costruito sulla base di un patto tra associazioni e istituzioni, per avere uno spazio adeguato per il teatro e la musica e soprattutto per le attività delle locali filodrammatiche e filarmoniche. La sala principale è stata, fin dalla sua inaugurazione, vincolata a tale finalità e non bisogna dimenticarlo.

La comunità di Vinci avvertiva la necessità di avere una sede comune per la Filodrammatica e la Filarmonica fin dai primi del Novecento. A farsi portavoce di tale esigenza fu un’associazione di pubblica assistenza con fini umanitari. Si trattava della Croce Bianca sorta a Vinci il 25 aprile 1909 per l’iniziativa del prof. Alessandro Martelli. Nell’adunanza del 24 ottobre 1926 il consiglio della Croce Bianca rilanciava al paese “l’idea della costruzione di un locale sociale e che in accordo con l’onorevole Prof. Martelli benemerito Presidente della Pubblica Assistenza il detto locale dovrà sorgere in unione a quello della Filodrammatica e della Filarmonica e secondo il progetto esposto nel locale sociale e sul terreno comunale espropriato da un bene della chiesa. L’onorevole Martelli acquisterà per £.3000 d’azioni a fondo perduto e probabilmente il terreno fabbricativo sarà ceduto gratuitamente dall’amministrazione comunale”. La proposta veniva accettata dai soci presenti con grande entusiasmo, senza nascondere le difficoltà di tale impresa per un piccolo paese, “mai forse come in questo caso può applicarsi il detto: Volere è potere” sottolineavano i soci. Significativo anche il motto che veniva coniato per l’associazione: “Non meritò di nascere chi visse per sé”. Per raggiungere il suo proposito tuttavia la Croce Bianca avrebbe dovuto trasformarsi in Ente Morale, un percorso giuridico complesso che richiedeva varie modifiche statutarie. L’episodio è curioso, significativo di uno stretto rapporto tra associazioni e istituzioni, suggellato all’epoca dalla presenza del maestro Virgilio Gandi, socio sostenitore e animatore delle varie associazioni culturali, nonché presidente della società di Pubblica Assistenza, e dall’allora Sotto Segretario del Governo Mussolini, Alessandro Martelli, una presenza importante per la storia di Vinci.
L’impresa di costruire un Cinema Teatro riuscì così al Comune, in prossimità del terreno dove sorgeva il vecchio cimitero del paese, contiguo al monumentale Parco della Rimembranza, al quale lavorava probabilmente anche l’illustre architetto del Martelli: Adolfo Coppedè. I disegni del teatro furono presentati in Comune per il tramite dell’ing. Ugo Fucini “dopo gli opportuni accordi con le benemerite istituzioni paesane della Pubblica Assistenza e del Corpo Musicale”.
A seguito della deliberazione del Podestà di Vinci del 27 maggio 1927, il teatro venne costruito in breve tempo e inaugurato, assieme al contiguo parco, il 28 ottobre 1928, qualche mese dopo la nomina del Martelli a Ministro dell’Economia. All’origine il complesso era composto da nove vani. Oltre alla sala per cinema e teatro, gestita dal dopolavoro comunale “Carlo Parenti”, vi avevano la sede varie associazioni dopolavoristiche e organizzazioni dipendenti dal Partito Nazionale Fascista (il comando della Centuria della M.V.S.N., il Comitato Comunale O.B., la ricordata Filarmonica del Dopolavoro).
Il 7 aprile 1940 il Comune di Vinci donò la proprietà dell’intero complesso al Fascio di Combattimento “Franco Martelli” e, per esso, al Dopolavoro Carlo Parenti. La donazione venne subordinata all’inalienabilità del suddetto bene da parte del Fascio e all’obbligo di destinazione a Cinema Teatro della sala principale. In caso di mancata accettazione della donazione, l’immobile sarebbe stato comunque venduto all’asta. Già nel 1937, il valore dello stabile veniva indicato dal Comune di Vinci in £.45.000, su richiesta della Prefettura, quando ormai si profilava la necessità di disfarsi dell’immobile. Il ricavo della vendita sarebbe stato destinato al miglioramento igienico del capoluogo (leggi approvvigionamento idrico, impianti igienici e fognature). Le ragioni della donazione, oltre che politiche, erano di carattere economico. Il comune di Vinci infatti aveva investito notevoli somme per la costruzione dell’edificio, l’attrezzatura ed arredamento per spettacoli cinematografici e teatrali, senza riuscire tuttavia a ritrarre da esse alcun reddito, a fronte invece degli oneri non indifferenti di manutenzione; né d’altro canto si riteneva utile e corretto imporre alle associazioni cittadine canoni di locazione elevati, seppure adeguati all’importanza dei locali usufruiti.
Al termine della seconda guerra mondiale, l’intero complesso del cinema teatro venne trasferito al Demanio, in questo caso all’Intendenza di Finanza, come tutti i beni che erano appartenuti al Partito Nazionale Fascista. Il Comune tentò invano di riacquistare la proprietà, in quanto era stato donato proprio al Fascio di Vinci. Il 7 novembre 1959 il Demanio vendeva i locali del Teatro alla Venerabile Confraternita della Misericordia di Vinci con un notevole sforzo finanziario da parte dell’associazione di volontariato. Nella nuova prestigiosa sede, nel novembre 1966, quando era Governatore il rag. Nilo Bianconi, la Misericordia di Vinci venne eretta in Ente Morale per decreto del Presidente della Repubblica Italiana, riuscendo nell’impresa che non era riuscita nel periodo fascista alla Pubblica Assistenza. Nel contempo, nella bellissima cornice pittorica di quel palcoscenico dei primi Novecento, grazie anche alla mano di Edo Leporatti, l’antica effigie del fascio venne sostituita con la croce gotica, storico simbolo delle Misericordie italiane, riuscite peraltro a sfuggire all’insano progetto fascista d’incorporazione e fusione nella Croce Rossa. Da quel giorno, la gente del paese iniziò a chiamare il locale come il Teatro della Misericordia.
La sala centrale è ancora oggi destinata alle libere attività culturali e artistiche del popolo di Vinci, secondo le originarie intenzioni del Martelli e del Gandi, grazie al recente accordo di gestione intercorso tra la Fraternita di Misericordia, proprietaria dei locali, e il Comune di Vinci, che si è accollato l’impegno del recupero della struttura e dei necessari restauri.


Nicola Baronti